Andy Luotto, da “Quelli della notte” a chef del made in Italy: “Il mio piatto preferito? Gli spaghetti al pomodoro”

Andy Luotto attore o Andy Luotto chef? Due facce dello stesso personaggio che sono difficili da tenere separate anche per il diretto interessato, per il quale ciò  che conta soprattutto è trasmettere le proprie passioni, la propria travolgente energia e l’ironia che condisce tutto ciò in cui si impegna.

Nato a Brooklyn da genitori italoamericani, Luotto si è trasferito presto in Italia dove ha iniziato giovanissimo la carriera nel mondo dello spettacolo. Il successo arriva come attore comico in trasmissioni tv come “L’altra domenica” e “Quelli della notte”, con Renzo Arbore. È stato anche regista e cantante prima di dedicarsi quasi a tempo pieno alla cucina, come cuoco e ristoratore. Oggi vive a Roma ma è spesso anche ad Alba, dove vive la mamma quasi centenaria.

Mentre è in viaggio in treno alla volta di Venezia per un impegno di lavoro, si racconta con simpatia e disponibilità al magazine del Maximo.

Si tratta di un appuntamento di spettacolo o di cucina?

Vado a preparare da mangiare a  150 persone per un evento a bordo di una nave. E sono di ritorno dal festival  del cous cous a San Vito Lo Capo, una delle manifestazioni di gastronomia più belle al mondo, dove ho avuto l’onore di fare parte della giuria.

Perciò la sua attività di cuoco oggi è prevalente?

Credo che, in fondo, ci sia poca differenza tra fare lo chef e fare l’attore. Se però devo scegliere, dico che oggi sono più felice dietro le padelle. Ovviamente se capitano occasioni che ritengo adatte a me dal mondo dello spettacolo o del cinema non mi tiro indietro. Evito però di partecipare a certi reality, perché vorrei fare qualcosa che abbia un contenuto chiaro. Cosa ci vado a fare su un’isola dei Caraibi? In passato ho fatto tanti documentari in giro per il mondo ma lì sapevo bene cosa stavo facendo. Mi criticano perché non voglio fare reality, pazienza. Per tutto il resto, se mi si offre anche un ruolo piccolissimo ma bello per me va benissimo.

Come ad esempio nel film “Vecchie canaglie” che presto uscirà nei cinema? Per lei una parte in una commedia intelligente, al fianco di Lino Banfi, Greg, Pippo Santonastaso, Andrea Roncato…

Proprio così. È la storia di alcuni vecchietti ospiti in una casa di riposo che fanno di tutto per salvare dalla vendita all’asta.  Una bella storia di amicizia, come quella che è nata sul set con Gino Cogliandro e Pippo Santonastaso. Mi sono divertito molto e sono onoratissimo di avere preso parte a questa produzione, perché non sono tanti oggi i ruoli che vengono offerti ai settantenni. È sempre gratificante far sorridere recitando, anche se è molto più difficile che far piangere. Nel film c’è poi il valore aggiunto di Lino Banfi, con la sua grande esperienza. La prima volta che l’ho “incontrato” facevo il doppiatore in inglese di film italiani. Tra gli attori che doppiavo c’era anche Alvaro Vitali, che aveva grande successo. Pellicole forse minori, in cui spesso recitava anche Lino, ma che hanno avuto il merito di mandare avanti il cinema italiano per tanti anni. In “Vecchie canaglie” mi ha sorpreso la bravura della regista, Chiara Sani, al suo debutto: ha saputo cogliere suggerimenti da tutti e soprattutto dal direttore della fotografia, Blasco Giurato, una colonna del cinema italiano.

A quali altri progetti sta partecipando?

Sulla mia pagina Facebook, innanzitutto, racconto tutto quello che sto facendo. Su Alma TV sta invece per cominciare la terza serie della rubrica “Fuori dai fornelli”, che conduco insieme allo chef stellato Marcello Leoni. Non facciamo altro che litigare, per scherzo ovviamente, ma l’aspetto ludico della trasmissione rappresenta bene come mi piace vivere la cucina. Partirà anche la rubrica “Nudo e crudo”, in cui ci dedicheremo a ricette solo con prodotto crudi. Sono stato ospite qualche giorno fa in una puntata de “I soliti ignoti” di Amadeus, dove ho parlato anche del mio ultimo libro “Cotto in coccio, l’astronauta e il contadino”, che contiene cinquanta ricette raccontate in forma di favola. Fuori dagli schermi mi si può trovare nei corsi di cucina in cui insegno e in eventi in cui lavoro a quattro mani con chef stellati.

Quale idea di cucina porta avanti?

Col passare degli anni faccio cose sempre più semplici. Mi piacciono i piatti con ingredienti della tradizione, prodotti di terra, mare e cielo presi direttamente nei casali dei contadini o dai produttori più vicini. Viviamo nella nazione più straordinaria di tutti i tempi per il cibo, qui è tutto così semplice, siamo tutti in mezzo ai produttori, basta allungare una mano e troviamo alimenti straordinari che, anche se non sai cucinare, basta solo scaldare. Tengo talmente tanto agli alimenti buoni che ho oltre 50 tatuaggi sul mio corpo, tutti di cose da mangiare. Mia moglie non dorme più con me perché dice che è come stare a fianco di un carrello della spesa.

Insomma, una cucina basata sulla tradizione?

Non dobbiamo assolutamente perdere le colture dei nostri contadini, da nord a sud, perché ogni zona dell’Italia offre prodotti incredibili. La tradizione, però, per esprimere al massimo le sue potenzialità deve anche essere abbinata alla tecnologia oggi a disposizione. Mi riferisco in particolare al controllo delle temperature e dell’igiene, che sono alla base del sapore. La cucina molecolare, nome che un po’ intimorisce, in fondo non è altro che cottura alla temperatura perfetta e corretto abbattimento.

Chi fa la spesa a casa e chi prepara da mangiare?

La spesa alimentare la faccio soprattutto io e preferisco cucinare personalmente perché così so cosa mangio. La gente sta perdendo l’abitudine di mangiare cose buone e sane, soprattutto non pianifica più il proprio menù quotidiano e settimanale. Ho un po’ l’impressione che stiamo distruggendo il grande patrimonio rappresentato dal palato italiano. Questo è un vero delitto.

Qual è il suo piatto preferito?

Gli spaghetti col pomodoro.

E quello che vorrebbe consigliare?

Mi piace quasi tutto quello che viene dal nostro Paese, tante cose però andrebbero riscoperte o rivalutate, come ad esempio il crudo. Gli italiani, per dire, hanno la passione per il sushi ma ignorano piatti di pesce crudo pugliese o carne piemontese di eccezionale qualità.  Oppure pensiamo alle polpette, a partire dalle pallotte cacio e ova e dalle pittule salentine. Sono un vero mondo di sapori, tanto che faccio un corso di otto ore sulle polpette, insegnando a prepararne ventidue tipi diversi. Le mie preferite sono le polpette di melanzane, menta e mandorle, una ricetta calabrese che mi insegnò la zia di Mia Martini.

Dove possiamo assaggiare i suoi piatti?

Negli ultimi tempi non sono stato molto bene e ho dovuto abbandonare per un po’ l’attività di ristoratore. Finita la convalescenza mi piacerebbe ricominciare: il mio sogno è aprire un  piccolo locale in Salento, con al massimo 25 coperti.

Le immagini dell’articolo sono tratte dalla pagina Facebook di Andy Luotto

 

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